Assemblea di condominio: troppo rischioso convocarla senza un provvedimento normativo

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Inutile girare intorno alla questione: tranne rarissimi casi, e sempre dietro responsabilità dell’amministratore, le assemblee di condominio sono bloccate su tutto il territorio italiano sino dal 3 aprile.

Il motivo per cui si è arrivati a questa situazione sta in una serie di inadempienze attorno al settore, da quando è scattato il lockdown. “E che il legislatore non ha ancora sistemato nei diversi decreti approvati, dal Cura Italia al Rilancio”, sostiene Francesco Burrelli, presidente della categoria. Basta pensare che i provvedimenti che possono rientrare nel godimento del beneficio devono essere autorizzati da un’assemblea di condomino straordinaria. Ma quest’anno non si sono tenute nemmeno quelle ordinarie, per redigere il bilancio 2019, predisporre un preventivo e presentare agli inquilini la nota esplicativa delle spese. La normativa di riferimento e il Codice civile parlano di convocazione delle assemblee in luogo fisico, impensabile durante la fase acuta della pandemia. “Alle nostre richieste le istituzioni ci hanno risposto attraverso le Faq con alcuni suggerimenti pratici, legati ai distanziamenti. Ma ovviamente le Faq non hanno il valore di una norma”, sottolinea il presidente. E tra i professionisti è diffusa la preoccupazione di andare incontro a brutte sorprese.

Difficile ipotizzare una convocazione

Da quanto sopra detto si evince che riesce difficile concepire la possibilità di convocare e tenere una assemblea condominiale prima di un provvedimento legislativo che dia specifiche indicazioni su come debba svolgersi in questo periodo una assemblea condominiale e quali siano le responsabilità per gli amministratori e per i condòmini che vogliano partecipare all’assemblea, nonché chi possa accertare eventuali illeciti e le modalità di accertamento.

In assenza di un provvedimento legislativo specifico non pare possibile una convocazione e lo svolgimento di una qualsiasi assemblea senza incorrere nelle sanzioni di legge ed in responsabilità anche personali in caso di contagio di Covid 19, particolarmente se non ci si è attenuti alle disposizioni per la propria e per la sicurezza altrui.

Ovviamente, se dovesse accadere una delle ipotesi paventate dal lettore i condòmini presenti dovrebbero abbandonare l’assemblea che gioco forza non potrebbe svolgersi per mancanza del quorum di teste e di millesimi

L’evoluzione normativa

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Il primo DL 23/2/2020 n. 6 art.1 n. 2 c) c) disponeva la sospensione di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico. La disposizione di sospensione di qualsiasi forma di riunione in luogo pubblico o privato anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico veniva confermata dal DPCM 1/3/2020 e dal DCPM 8/3/2020.

Con il DPCM 9/3/2020 art. 1 n. 2 veniva esteso a tutto il territorio il divieto di ogni forma di assembramento in luoghi pubblici e privati.

Un assembramento consiste nella vicinanza di più persone, per qualsiasi scopo. Vero è che la disposizione legislativa non specifica cosa debba intendersi per assembramento, ma altrettanto vero è che assembramento è ogni insieme di più di due persone: una riunione di condominio è un assembramento.

Una prima FAQ confermava che le assemblee condominiali sono vietate, a meno che non si svolgano con modalità a distanza, assicurando comunque il rispetto della normativa in materia di convocazioni e delibere. Con il DL 6/5/2020, n. 33 art. 1 n. 8 si confermava il divieto di l’assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

Il DPCM dell’11/6/2020 nulla dice sulle assemblee condominiali e il decreto della Regione Piemonte 13/6/2020 nemmeno. Entrambi i provvedimenti fanno riferimento esclusivamente al divieto di assembramenti in luoghi pubblici e privati e non vengono date indicazioni di alcun genere su di un eventuale svolgimento delle assemblee di condominio.

Si attendeva che i citati decreti dessero indicazioni in merito ma evidentemente la problematica del Covid-19, tutt’altro che risolta, e il contenimento del contagio impedisce che lo Stato ne autorizzi ufficialmente lo svolgimento dandone le necessarie indicazioni.

Le perplessità

In effetti, la particolarità della costituzione di una assemblea di condominio induce a numerose perplessità su quali potrebbero essere i necessari accorgimenti che potrebbero essere adottati anche e soprattutto per il contenimento del contagio.

La FAQ del 1/6/2020 alla quale qualcuno ha fatto semplicisticamente riferimento per assumere che le assemblee avrebbero potuto tenersi (avendo la stessa affermato che le assemblee condominiali possono svolgersi in “presenza fisica” dei soggetti convocati, a condizione che siano organizzate in locali o spazi adeguati, eventualmente anche all’aperto, che assicurino il mantenimento continuativo della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro fra tutti i partecipanti, evitando dunque ogni forma di assembramento, nel rispetto delle norme sanitarie di contenimento della diffusione del contagio da COVID-19) non è stata assolutamente confermata dal successivo DPCM 11/6/2020, e meno che meno dal Decreto della Regione Piemonte del 13/6/2020.

Orbene, a prescindere che una FAQ non ha alcun valore di legge (per di più se non confermata da un provvedimento legislativo) non si comprende come potrebbe l’amministratore del condominio convocare, senza rischi, una assemblea laddove lo Stato non ha assolutamente indicato le modalità con le quali devono tenersi le assemblee mentre per qualsiasi altra liberalizzazione sono sempre state date tutte le disposizioni per le possibilità di svolgimento delle stesse in sicurezza per i condòmini.

In questo scenario non possono non trovare luogo perplessità sia rispetto ai rischi che l’amministratore di condominio assume convocando un’assemblea in presenza, rischi dai quali non è in alcun modo tutelato, e sia per una impossibilità di svolgimento delle medesime assemblee da remoto perché tali assemblee eventuali continuano a non essere assolutamente normate e regolamentate. Né vi sono precisazioni di alcun genere se le assemblee di condominio possono essere o meno equiparate a generiche “riunioni”.

Il nodo della sicurezza

Intuibile tuttavia perché lo Stato ad oggi non si sia pronunciato in merito alle assemblee condominiali. Una assemblea condominiale in tempo di covid-19 è non solo di difficile gestione anche in riferimento al luogo dove dovrebbe tenersi, ma è indubbiamente una riunione soggetta a intrinseca pericolosità. Se si devono tenere in considerazione – come devono tenersi in considerazione – i distanziamenti di sicurezza, occorre innanzitutto ricercare un luogo adatto dove essa deve tenersi perché il distanziamento di un metro significa considerare per ogni interveniente uno spazio di almeno 5 metri quadri (conteggiando anche una distanza obliqua, oltre che quelle laterali e avanti indietro); per soli dieci condòmini presenti occorrono locali di minimo 60 metri quadri considerando anche l’amministratore, un tavolo per scrivere la lunghezza delle sedie, etc … Impensabile un semplice ufficio di amministratore, e difficile un locale o un atrio del condominio di queste dimensioni Se poi i condomini che vogliono intervenire sono in numero superiore la problematica aumenta.

Peraltro, è decisamente costoso un locale in affitto di queste dimensioni che dopo l’assemblea deve anche essere oggetto di sanificazione il cui costo verrà considerato nel costo dell’affitto. Si è sostenuto che l’assemblea può avere luogo nel cortile condominiale, ma anche il cortile condominiale deve avere le medesime caratteristiche e non tutti i cortili hanno caratteristiche adatte. Comunque devono essere adottate tutte le altre precauzioni necessarie per evitare il contagio da COVID-19.

Inoltre, al fine di evitare assembramenti, l’amministratore avrà anche l’obbligo di prevedere l’ingresso allo spazio dedicato all’assemblea in modo che i condòmini possano accedere al luogo dove si tiene l’assemblea regolarmente ed uscire nello stesso modo. Ma l’amministratore dovrebbe considerare la possibilità di misurare la temperatura corporea ai partecipanti attraverso un termoscanner, in modo da evitare l’accesso a coloro che, eventualmente, presentassero una temperatura corporea maggiore di 37,5°C.

Le responsabilità e i rischi

Dunque, il problema che, probabilmente, ha impedito una specifica autorizzazione allo svolgimento delle assemblee condominiali non è solo il distanziamento e l’applicazione delle precauzioni anticontagio, ma il controllo della regolare esecuzione delle misure di sicurezza che, nei luoghi pubblici, come è notorio, avviene regolarmente da parte delle Forze di polizia, carabinieri e finanza con il possibile concorso dei nuclei regionali N.B.C.R. del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, nonché delle Forze armate.

È intuibile che ciò non è normalmente possibile (salvo eventuali denunce) ma con grave pericolo in riferimento alla grave pandemia tuttora in corso. È chiaro che alla riunione condominio non possono partecipare le persone soggette alla quarantena per provvedimento dell’autorità sanitaria perché positive al Covid-19, fino all’accertamento della guarigione o al ricovero in una struttura sanitaria o altra struttura allo scopo destinata (in caso contrario, salvo che il fatto costituisca violazione dell’articolo 452 c.p. o comunque più grave reato, la violazione della misura è punita ai sensi dell’articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, cioè con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da € 500,00 ad € 5.000,00). Tale accertamento è compito delle Forze di polizia.

Si ponga poi il caso che un condomino notoriamente in quarantena si presenti in assemblea non solo l’amministratore o il presidente nominato dovrebbero sospendere l’assemblea, ma dovrebbero anche allontanare dalla riunione tutti i partecipanti, i quali dovrebbero entrare in quarantena precauzionale. E chi avviserebbe l’autorità medica? E se ciò non dovesse accadere cosa succederebbe nel caso i partecipanti all’assemblea dovessero risultati contagiati? Chi sarebbe soggetto all’azione giudiziaria da parte dei contagiati: l’amministratore? Il presidente dell’assemblea?

E se non avendo misurato la temperatura partecipasse un condomino che nel corso dell’assemblea manifesti poi i sintomi della malattia, cosa succederebbe ancora? E cosa succederebbe se partecipasse un condomino proveniente dall’estero e da uno dei Paesi per i quali al rientro è obbligatoria la quarantena? Tutti i condòmini partecipanti dovrebbero essere soggetti all’’isolamento fiduciario a casa per 14 giorni. Senza considerare che tutti i condòmini che infrangono i divieti posti nei citati provvedimenti legislativi sono soggetti alla sanzione amministrativa da 400 a 3000 euro, che aumenta fino alla metà in caso di recidiva.

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Le associazioni ha chiesto la modifica di due articoli del Codice civile per introdurre la possibilità di tenere assemblee “in modo elettronico” e di dare il permesso al voto con delega. Ma anche qui, finora, nessuna risposta. “Aspettiamo novità nella conversione del decreto Semplificazioni, altrimenti è tutto fermo”. A maggior ragione le assemblee straordinarie, che deliberano su interventi che vanno oltre “gli atti conservativi” del bene. E quindi, modifiche dei cornicioni o delle facciate, sostituzioni di caldaie e infissi. Insomma, tutto quanto è contemplato nel Bonus del 110%. “Ma non solo quello. Senza assemblee non si deliberano neppure tutti gli altri interventi che godono di benefici fiscali”, spiega Burrelli, che elenca il verde (36% di detrazioni), la manutenzione e ristrutturazione (50%), la sostituzione di caldaiette e vetri (65%), fino all’intero capitolo del Bonus sisma (dal 70 all’85% secondo le zone sismiche). Per non parlare del rifacimento delle facciate che gode di una agevolazione fino al 90% delle spese. “Ci vuole sempre un’assemblea che deliberi. E questa deve essere regolarmente indetta e tenuta. Il voto della maggioranza impegna anche la minoranza. Occorre offrire agli inquilini diversi preventivi per scegliere il migliore.

AMMINISTRAZIONI CONDOMINIALI PASQUALI

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